#1 Fiumicino e l'ecovandalo di Miami
Turismo esclusivo, inquinamento e greenwashing: il conflitto ambientale sulle spiagge del Lazio racconta le speculazioni al tempo della crisi climatica
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Opere che imbrattano il futuro
Nasce il nuovo spazio di approfondimento sui conflitti ambientali legati alla realizzazione di opere climalteranti e nocive. Ce ne sono ovunque in Italia: di alcune sentiamo parlare da anni - come il Ponte sullo Stretto - altre sono rimaste fino a oggi nell’ombra. Abbiamo deciso di raccontarle rovesciando il significato del termine ecovandalo, utilizzato di solito per indicare unə attivista climatico che tiene alta l’attenzione sulla salute del pianeta con blocchi stradali e azioni performative.
Ma chi devasta davvero?
Chi propone progetti incompatibili con il clima che cambia, chi finanzia opere che stravolgono comunità, impianti tossici spacciati come sostenibili e innovativi. Chi ruba terreni pubblici e sfrutta risorse naturali, rallenta la conversione ecologica e inquina il dibattito culturale.
I veri ecovandali sono loro.
E ora vogliamo iniziare a schedarli, tracciarne gli effetti, costruire una contro-narrazione.
Ma adesso iniziamo! Siamo a fine maggio, quindi andiamo al mare!
Serena Cati e Alessandro Coltré ti portano a Fiumicino per conoscere l’ecovandalo venuto da Miami.
L’approdo
A Fiumicino, in provincia di Roma, la notte tra il 4 e il 5 marzo di quest’anno succede qualcosa di surreale: sulle spiagge di Isola Sacra compare un muro di cemento.
500 metri di jersey piantati nella sabbia impediscono di raggiungere il mare.
Così, col favore delle tenebre, si traccia una nuova linea di demarcazione tra il Tirreno e i bilancioni, le vecchie palafitte di legno usate per la pesca, memoria viva del territorio.
Quel muro è l’ambasciatore del futuro porto crocieristico della Royal Caribbean, il colosso delle crociere con sede a Miami che vuole trasformare l’angolo di costa della foce del Tevere in una stazione marittima dove far attraccare le città galleggianti più esclusive del mondo: le navi da crociera Oasis e l’Icon of the Seas.
Alte 70 metri, lunghe oltre 300, da poppa a prua questi colossi del turismo marittimo possono ospitare più di 7.000 persone, tra equipaggio e passeggerɜ.
Sul sito della compagnia la chiamano “un’esperienza che rivoluziona il concetto di vacanza”.
Nei blog del turismo luxury la flotta di Royal Caribbean è tratteggiata come un paradiso in mare, un sogno; navi che non vanno descritte, vanno semplicemente provate!
Di qualsiasi emozione tu sia alla ricerca, troverai infiniti modi per allietare le tue giornate a bordo di Royal Caribbean®. Ogni giornata e serata regala qualcosa di nuovo da fare, vedere e scoprire. Dagli esperti barman robot del Bionic Bar® ai simulatori di surf, FlowRider® e dallo scivolo più alto mai realizzato a bordo di una nave, Ultimate Abyss℠, ai musical di Broadway, come Grease. Inoltre, grazie al nostro premiato programma per ragazzi Adventure Ocean®, i bambini e i ragazzi avranno la possibilità di divertirsi, mentre i genitori potranno concedersi un po' di tempo per loro stessi. Sarà difficile decidere da dove iniziare!
- Dalla sezione attrazioni di Royal Caribbean
La descrizione delle attività a bordo di una nave Royal Caribbean è un’infiorescenza di esclusività.
Almeno metà delle attrazioni sembra pensata per superare – in tempo reale – i nove limiti planetari individuati dal gruppo di scienziatɜ guidato da Johan Rockström. Per avere la certezza di accorciare i tempi del collasso climatico, si potrebbe scegliere di pattinare sul ghiaccio in mezzo al Mediterraneo, oppure provare Category 6, il più grande parco acquatico in mare con scivoli da record. E poi? Sette piscine per sette stati d’animo, una per ogni giorno di vacanza. Un delirio di consumi energetici travestito da intrattenimento.

L’Eden sospeso nel mare vuole attraccare a Fiumicino, esige spazio e pretende dei permessi che porteranno a una profonda trasformazione del litorale laziale.
Il progetto prevede ormeggi per 700 piccole imbarcazioni, per 40 yatch e delle banchine per far approdare questi grattacieli alti il doppio del vecchio faro di Isola Sacra.
Sulla spiaggia sorgerà il “Colosseo sul mare”, ossia un residence con 200 camere e 50 appartamenti. E poi ristoranti, business center e altre strutture ricettive.
Celebrata come un’opera innovativa, benedetta dalla politica romana come infrastruttura strategica per il Giubileo in corso, l’idea di un nuovo scalo marittimo sta diventando concreta.
Viene raccontata come l’unica strada possibile per riqualificare questa zona, ma non è così. Quel muro precipitato sulla spiaggia segna l’inizio di una speculazione che unisce l’estrazione di valore alla certezza di un saccheggio ambientale da parte di un colosso del turismo elitario pronto a gestire il porto privato più grande d’Italia.
Dai monti al mare
Nel 2021 il compito di gettare l’ancora è stato affidato alla neonata azienda Fiumicino Waterfront Srl, controllata dalla Royal Caribbean tramite la RCL Cruise e partecipata da Icon Infrastructure, un fondo d’investimento con base a Londra che in Italia sta acquisendo diversi impianti sciistici, inglobando società e rami d’azienda in tante località montane.
Con Vialattea, uno dei comprensori sciistici più grandi d’Europa, il fondo inglese controlla 47 impianti di risalita tra Sestriere, Sauze d’Oulx, Pragelato, Oulx, Cesana, Sansicario e Claviere.
Per Icon Infrastructure la discesa dai monti al mare è stata piuttosto facile: qualche mese dopo la sua nascita, con un capitale sociale di 10 mila euro, Fiumicino Waterfront acquista all’asta dei terreni demaniali nell’area del vecchio faro di Isola Sacra per 11 milioni e 45 mila euro, ottenendo la concessione per 90 anni.
La stessa che in precedenza era stata data a Iniziative Portuali, l’azienda di Francesco Bellavista Caltagirone, imprenditore romano, nome che evoca un impero edilizio crollato poco dopo aver provato a sfigurare il litorale laziale.
La svendita dei terreni pubblici arriva dopo il tentativo di costruire il “Porto della Concordia”, il sogno mai realizzato di Caltagirone.
Nel 2010 annuncia la svolta per Isola Sacra: la costruzione del porto turistico più grande d’Europa.
L’arrivo delle fiamme gialle blocca l’ambizione di Caltagirone con i sigilli al cantiere per gravi carenze strutturali e problemi di sicurezza dell’intera opera.
Dopo il sequestro dell’area del porto, la Guardia di Finanza confisca a Caltagirone anche uno yacht da 70 metri e un aereo privato. Del resto, per il fisco italiano risultava un nullatenente con residenza in Lussemburgo.
Con l’apertura del fascicolo, il sogno dell’imprenditore si sgretola definitivamente: il porto turistico diventa un miraggio.
Caltagirone resterà sulla terra ferma ad affrontare un processo per frode in forniture pubbliche e associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale.
Il declino del Porto della Concordia trascina l’area in una situazione di abbandono. L’interesse pubblico per Isola Sacra sembra essere a intermittenza: la politica locale compare solo se c’è da consacrare una joint venture tra multinazionali, quasi a voler dichiarare un principio: l’unico modo per ottenere una rigenerazione è la spoliazione dei beni pubblici; cedere il litorale a chi vuole possederlo.
I piani per la foce del Tevere restano grandi, e Fiumicino Waterfront è nata per questo: assicurare agibilità di manovra al gigante delle crociere, soprattutto negli uffici regionali e nelle stanze del ministero dell’Ambiente.
Al resto pensa Royal Caribbean, che per il nuovo scalo vuole investire più di 500 milioni di euro. Da Iniziative Portuali il colosso americano eredita una concessione per realizzare un porto turistico-ricreativo, ma con questo tipo di permesso non c’è spazio per le città galleggianti.
Così Waterfront chiede e ottiene in Regione una variante per aggiungere la funzione crocieristica. Una forzatura che i comitati locali considerano un precedente pericoloso.
Due spinte opposte
Oggi il mare di Fiumicino racconta una contesa: da una parte i sostenitori di un insieme di attività estrattive e inquinanti, dall’altra un movimento di associazioni che vuole buttare giù quella fila di jersey per concretizzare la lotta alla crisi climatica e alle speculazioni ambientali.
Sull’Atlante Italiano dei Conflitti Ambientali abbiamo messo in fila i dettagli di queste spinte opposte, le abbiamo classificate con i criteri elaborati da Ejolt (Environmental Justice Organisations, Liabilities and Trade), percorso di ricerca che ci vede protagonisti e promotori dell’Ejatlas, strumento per la mappatura partecipata dei conflitti ambientali nel mondo.
Con più di 150 casi, navigare la piattaforma italiana può essere un esercizio utile per capire i motivi alla base delle proteste ambientali degli ultimi dieci anni.
Da oggi c’è anche il caso di Fiumicino! La scheda è pensata per trovare tutte le informazioni sul conflitto in corso: la genesi del progetto, l’iter autorizzativo, i soggetti coinvolti nella costruzione del porto e quelli che invece vogliono impedirne la realizzazione.
Riprendersi un pezzo di costa
Il molo incompiuto lasciato da Caltagirone, paradossalmente, ha generato qualcosa di buono. Negli anni, il ritiro dell’acqua sotto i bilancioni ha creato uno spazio liminale e vivo, dove le persone hanno ricominciato a incontrarsi, a riconoscersi e a riprendersi un pezzo di costa dimenticato dalle istituzioni.
Per alcuni è un luogo degradato, ma per altri è un porto sicuro, sospeso nel tempo, dove resiste un’idea diversa di vivere il mare.
Per questo è riduttivo chiamare “fronte del no” la moltitudine di comitati e organizzazioni che anima i Tavoli del Porto. Ci sono comitati di base, collettivi, cittadine e cittadini di Fiumicino che hanno scelto di risignificare Isola Sacra.
Nata come una vertenza in contrasto a un’operazione estrattiva basata sul turismo mordi e fuggi, adesso questa resistenza consente di far convergere lotte urbane e mobilitazioni climatiche
Se oggi si conosce meglio questa storia è anche grazie al giornalismo indipendente e di approfondimento. Negli ultimi due anni sono usciti diversi lavori sul porto, alcuni dei quali hanno saputo restituire tridimensionalità al movimento di protesta.
Tra i volti più conosciuti c’è quello di Gianfranco Miconi, pensionato che ha scelto di sistemare uno dei bilancioni, conosciuto da tutte e tutti come Attila.
Uno sciame in bicicletta
Il mese di marzo è stato particolarmente denso per chi ama Isola Sacra e il bilancione.
Dopo l’improvvisa comparsa dei famosi jersey nella notte tra il 4 e il 5 marzo – un muro che ha interrotto l’accesso al mare – il Collettivo No Porto, Attila e tutte le persone che vivono il luogo al di là della semplice fruizione turistica hanno lanciato un appello.
Domenica 9 marzo si è tenuta la prima contestazione: un presidio spontaneo, con cartelli e voci che chiedevano di abbattere quelle barriere.
Il 23 marzo, poi, un’altra forma di protesta prende forma: una manifestazione su due ruote, una massa critica che come uno sciame parte da Roma e arriva fino al mare.
Biciclette ovunque, a invadere pacificamente le strade, fino al Comune di Fiumicino. Da lì parte il corteo che attraversa la città, tra lungomari e piazze.
A tratti sembrava davvero che l’anima stessa del territorio fosse dalla parte del mare libero: sguardi complici, saluti, sorrisi.
Non ovunque, certo – nella zona del porticciolo centrale, frequentato da chi cerca il mare come consumo da weekend, la biciclettata è apparsa forse come un’anomalia.
Ma altrove, l’energia era palpabile: un sentire condiviso che chiede spiagge accessibili, coste non privatizzate, un futuro sottratto agli interessi dell’ecovandalo di Miami.
Non è facile mantenere alto il livello di coinvolgimento nei conflitti locali, soprattutto quando vengono ridotti gli spazi di discussione e decisionali.
Anche su questo aspetto la storia di Fiumicino è emblematica: le procedure per ottenere le autorizzazioni ambientali e i vari permessi hanno goduto di una corsia preferenziale, quella del Giubileo.
Nel 2023 il porto di Fiumicino è stato inserito nella lista delle opere ritenute essenziali per l’anno Santo.
Resta difficile capire come Royal Caribbean possa contribuire a rendere il Giubileo della Speranza più accessibile ai pellegrini, visto che al momento c’è solo un muro di cemento.
Ma al di là dei ritardi sui lavori, c’è un elemento di fondo: esiste già un porto pubblico crocieristico ed è a Civitavecchia, a Nord di Roma.
Sta di fatto che dopo qualche mese di stallo, a metà gennaio 2025 il Ministero dell’Ambiente ha dato il via libera al mega porto, nonostante una serie di criticità segnalate da chi si oppone al progetto e confermate anche dalla soprintendenza e dall’Antitrust.
Fiumicino ha accettato le forzature fatte Royal Caribbean. La concessione turistica è stata trasformata a crocieristica. In questo modo è stata aperta la strada al primo porto crocieristico gestito da un privato. La legge quadro 84 del 1994 stabilisce che le concessioni con finalità commerciali vengano rilasciate con bandi di evidenza pubblica attraverso le autorità portuali. Appoggiare questa anomalia vuol dire anche assumersi il rischio di moltiplicare questo tipo di operazioni in altre parti d’Italia.
- David Di Bianco, Tavoli del Porto
3 milioni di metri cubi di sabbia
Qui potete ascoltare la voce di Claudio Passantino, biologo e biotecnologo ambientale del collettivo Scienza Radicata, gruppo di scienziatə che mette a disposizione delle comunità vulnerabili i saperi scientifici per co-progettare percorsi di monitoraggio e gestione delle risorse naturali.
L’intervista aiuta a capire meglio il lavoro che dovranno fare le ruspe a Isola Sacra.
“Per costruire il porto, loro (il proponente) immaginano di scavare qualcosa come 3 milioni di metri cubi di sabbia, parliamo del volume di 2 Colossei.”
I fondali di Fiumicino sono bassi e sabbiosi, inadeguati per un’opera del genere.
Passantino spiega anche che l’area del vecchio faro ricade in un Sito di Importanza Comunitaria (SIC) per la tutela della biodiversità.
I pro-porto
Nel 2023 a Fiumicino c’è un cambio di amministrazione.
Esterino Montino (Partito Democratico), favorevole al progetto e primo a chiedere l’inserimento dell’opera nell’elenco del decreto giubilare, lascia il posto a Mario Baccini, politico di lungo corso, già Ministro della Funzione Pubblica nel 2004 con il governo Berlusconi.
Storico democristiano, Baccini vince le elezioni sostenuto da un’ampia coalizione di centrodestra.
Per lui il porto è un’opportunità:
Lavoriamo affinché questo investimento, con zero soldi pubblici, porti alla città di Fiumicino quelle opportunità che, finora, le sono state negate.
- Mario Baccini durante una conferenza stampa l’11 marzo scorso dopo le proteste cittadine.
L’idea del mega porto ha sedotto anche Coldiretti e Federalberghi, che lo reputano strategico per rilanciare l’economia del mare.
A festeggiare per il rilascio delle autorizzazioni ambientali è stato anche il comitato “Il Timone”, gruppo che riunisce più di cento cittadini favorevoli alla trasformazione dell’area del vecchio faro.
Il presidente del comitato pro-porto è Giampaolo Nardozi, già segretario del Partito Democratico di Fiumicino, ora in aperto contrasto con la linea dei suoi colleghi in Regione, in Parlamento e con le forze progressiste schierate contro la realizzazione del porto.
L’elettrificazione delle banchine
Ogni volta che si difende il porto crocieristico spunta il mantra del cold-ironing: una tecnologia che permette alle navi di alimentarsi da terra, evitando emissioni dirette mentre sono ormeggiate.
Il cold-ironing viene evocato come un rimedio universale per giustificare la futura devastazione di Isola Sacra. A Fiumicino, più che una compensazione sembra l’annuncio di un miracolo.
Il regolamento europeo FuelEU Marittime, approvato nel 2023, considera il ricorso al cold-ironing uno degli strumenti in grado di decarbonizzare i porti. Per realizzare questo obiettivo, l’Italia ha stanziato 400 milioni di euro del PNRR nel piano nazionale del cold ironing.
Se ne parla come se fosse scontato, ma rendere fattibile l’alimentazione da terra delle navi è tutt’altro che semplice. Lo sanno bene gli esperti di diritto della navigazione, che nella loro rivista scientifica, proprio nel 2023, hanno segnalato i nodi da sciogliere attorno al cold-ironing:
Molti sono i problemi connessi alla realizzazione di questa infrastruttura, che a livello nazionale deve garantire una potenza di oltre 700 MW soprattutto per le navi da crociera, a oggi le uniche a essere già dotate della possibilità di alimentazione da terra, sono molto energivore, assorbendo potenze che in molti casi superano i 20 MW per nave.
- Ugo Patroni Gritti, Le comunità energetiche portuali. Verso l’assetto definitivo su Rivista del Diritto della Navigazione, Fascicolo 2023 n.2
L’elettrificazione dei porti procede a rilento un po’ ovunque. Le navi da crociera saranno anche pronte a spegnere i motori, ma i porti italiani devono ancora rivedere la loro struttura per poterlo permettere. Lo stesso dovranno fare tutti gli altri tipi di imbarcazioni che attraccano nei porti europei.
Nel piano di sviluppo del 2021, Terna avvisava che “tra le varie criticità che fino a oggi hanno frenato la diffusione in Italia del cold-ironing ci sono l’elevato costo per la realizzazione del sistema e l’elevato costo del prelievo di energia elettrica dalla rete rispetto all’autoproduzione della nave”.
A distanza di anni la situazione non è cambiata. Bisogna ancora definire una tariffa da applicare agli armatori e un modello adeguato di gestione del servizio.
Al momento c’è solo una certezza: senza fondi pubblici non ci sarà elettrificazione. Il governo lo ha definito come un servizio di interesse economico generale anche per questo motivo. Una scelta che “risulta coerente con lo scarso o nullo ritorno economico degli investimenti per esso necessari”.
La realizzazione dei relativi impianti è stata inoltre qualificata come di pubblica utilità e caratterizzata da indifferibilità e urgenza, si legge in Giureta, la rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente dell’Università di Palermo, in un lungo approfondimento sul cold-ironing uscito l’anno scorso.
Non è una soluzione miracolosa
Insomma, tra gli addetti ai lavori c’è molta attenzione per le banchine elettrificate. Gli investimenti pubblici hanno contribuito a indirizzare il dibattito sugli impatti ambientali delle attività portuali verso la terra ferma, forse un po’ troppo.
Nel Documento Economia e Finanza (DEF) del 2021, il governo aggiunge alla dotazione del Pnrr altri 700 milioni di euro per il cold-ironing, considerandola “l’unica soluzione dal punto di vista tecnico ed economico”.
Ma le navi inquinano solo quando sono all’ormeggio? Il cold-ironing ha oscurato gli impatti ambientali che anticipano l’attracco. Durante la manovra di ingresso in porto, i motori termici sono ancora accesi, emettendo molto di più rispetto ai generatori lasciati accesi durante l’ormeggio — ossia gli unici che il cold-ironing sarebbe in grado di sostituire.
I motori delle navi e i generatori di corrente possono essere alimentati con tre tipi diversi di carburante.
Si parte dal meno raffinato, l’olio combustibile pesante con un alto tenore di zolfo, fino ai più “verdi”, come l’olio diesel marino, usato quando ci si avvicina alla costa per evitare di attraccare generando fumi.
Ma ecco che sale a bordo il greenwashing:
L’aspetto fondamentale della questione è che tutti i limiti al tenore di zolfo nelle acque territoriali e all’ormeggio sono integralmente derogabili nel caso in cui le navi siano dotate di un exhaust gas cleaning systems (ECGS), cd “scrubber”. Si tratta di un sistema di lavaggio dei fumi prodotti dai motori principali e, talvolta, anche di quello dei generatori di elettricità utilizzati in porto. I fumi in uscita sono letteralmente lavati con centinaia di litri di acqua salata al secondo. Ciò avviene, per la precisione, con gli scrubber umidi a ciclo aperto, il sistema più diffuso, perché meno oneroso.
- Luca Provenzano, Green Ports, Cold-ironing e fumosità delle navi su Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente, Unipa 2024
Per essere sostenibili, le navi adottano lo scrubber, un sistema di pulizia dei gas di scarico considerato un metodo di riduzione delle emissioni, capace di abbattere la concentrazione di ossidi di zolfo, azoto e altri inquinanti.
Ma attenzione: dopo i vari sciacqui ai motori, senza particolari operazioni, l’acqua di lavaggio abbandona l’imbarcazione e finisce direttamente in mare.
Uno dei rimedi per abbattere i fumi delle navi è quindi in pratica uno sversamento di sostanze nocive in mare aperto.
I dubbi sullo scrubber arrivano anche da diversi studi scientifici. Uno degli ultimi, condotto da più università europee, conferma che le acque dello scrubber compromettono la biodiversità marina, “spostando il problema dell’inquinamento dall’atmosfera all’idrosfera”.
Una classe a parte
Ogni anno l’organizzazione Friends of the Earth pubblica una classifica dei giganti del mare, valutando le loro performance ambientali su quattro criteri: riduzione delle emissioni, qualità dell’acqua e uso degli scrubber, trasparenza e trattamento degli scarichi.
Ecco, Royal Caribbean dice che la sua flotta appartiene a una classe a parte.
Peccato che qui abbia preso una bella D-.
Un mare di disuguaglianze
A chi ha svenduto il patrimonio pubblico di Fiumicino?
A chi ha concesso l’uso delle sue risorse naturali?
A un gruppo di super ricchə che abita il pianeta come fosse l’estensione di un’attività targata Royal Caribbean®.
La storia dell’ecovandalo di Miami ci ricorda che la crisi climatica è una traversata in un mare di disuguaglianze.
L’ultimo studio di Oxfam sull’impatto ambientale dello stile di vita dei super ricchə fornisce forse la ragione più grande per abbattere il muro di Fiumicino: 50 dei miliardari più facoltosi del pianeta producono — attraverso investimenti, jet privati, yacht e altro — più emissioni di CO2 in poco più di 90 minuti di quanto una persona media (comune) ne produca nell’arco di una vita intera.
Non tuttə remeranno nella stessa direzione indicata dalle comunità scientifiche.
Alcunə non guarderanno con preoccupazione il report di Copernicus sulla prossima estate incandescente.
Il porto di Fiumicino lo rende chiaro: “la casa comune è in fiamme”, ma c’è chi resterà a bordo di una Royal Caribbean® a seguire gli aggiornamenti dell’incendio, proverà lo scivolo del settimo giorno e lascerà una recensione.
Ma grazie al cold-ironing tutto avverrà a motori spenti.
Per approfondire questa storia consigliamo:
I reportage di Ilaria Proietti su Fanpage.it, in particolare l’intervista a 4 esperti che spiegano perché costruire un maxi porto crocieristico a Fiumicino è una pessima idea
Lo spettro delle crociere a Fiumicino, di Giacomo Zandonini su IrpiMedia
A Fiumicino il fronte del porto si sgretola, uno dei primi reportage sulla vicenda realizzato da Marianna Gatta
La puntata di Report Rai 3 dedicata al porto di Fiumicino
Il primo numero di Ecovandali si chiude qui.
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